Incuriosita dai 31 giorni senza alcol dei colleghi Michieletto-Colabraro nonché dal resoconto che ne è scaturito, ho approfondito un tema che nell’articolo viene solamente sfiorato ma che è di importanza cruciale: la socialità. Si dice sempre che il vino sia convivialità e condivisione ma spesso si butta lì questa frase senza starci troppo a pensare.
Che il vino sia un viatico per la socialità e le relazioni, strumento di coesione sociale, date le sue capacità di allentare le tensioni e di promuovere l’interazione e la conoscenza tra le persone, è cosa abbastanza nota e facilmente comprensibile (quantomeno nei paesi dove il vino è radicato nella cultura e nelle tradizioni). E l’aspetto socializzante implica un’attitudine comportamentale decisiva, quella dello stare insieme, che è centrale per la salute psicofisica dell’essere umano.
C’è da dire, però, che non tutti hanno lo stesso rapporto con il vino. Raramente ci si ferma a considerare i diversi approcci che le persone possano avere con la nostra amata bevanda, e i diversi effetti che tali approcci producano sulla vita sociale e sulla convivialità.
A grandi linee e in modo certamente semplicistico, ho individuato 4 tipologie di bevitori.
Ci sono i bevitori occasionali, o casuali, quelli che bevono il vino ogni tanto, senza dargli particolare importanza. Per loro non è affatto un problema rinunciarvi, anzi, se manca, probabilmente non se ne accorgono nemmeno. I loro momenti conviviali non dipendono dalla presenza del vino.
Poi ci sono i bevitori della domenica, quelli che bevono volentieri un po’ di vino in compagnia, e magari portano pure una bottiglia se invitati a cena, ma si accontentano di un gewürztraminer o di un Morellino qualsiasi comprato al supermercato. È probabile che storcano il naso se costretti a rinunciare al vino, però senza drammi. La loro vita sociale è impreziosita dal vino ma, nella sostanza, non dipende da esso.
Ci sono poi i bevitori metodici, quelli che bevono spesso e volentieri, che non si fanno mai mancare una buona bottiglia a tavola durante una cena o un aperitivo con gli amici, e magari organizzano pure qualche gitarella in cantina o qualche tour enogastronomico. In caso di astemia forzata, per loro si impone certamente qualche rinuncia, e comincia la pletora di scuse per giustificare la mancata partecipazione a serate ed eventi. Allora iniziano a intravvedersi i primi problemi di socialità.
Infine, ci sono i bevitori incalliti, i cosiddetti “esperti”, per i quali la vita intera ruota intorno al vino. Quelli che hanno costruito tutto il loro castello di relazioni, o buona parte di esso, sul vino, e per i quali ogni occasione di incontro e socialità è legata ad esso. Loro non hanno quasi più amicizie al di fuori della cerchia dei bevitori, generalmente non concepiscono momenti di convivialità senza vino, hanno perso quasi del tutto la capacità di godere della compagnia di qualcuno senza stappare una bottiglia. Per loro socialità e vino sono un tutt’uno.
Io mi sono resa conto di essere borderline e di propendere pericolosamente per quest’ultima categoria. Ne ho la conferma ogni volta che mi impongo un periodo “alcohol free”. Malgrado io abbia parecchi interessi, che coltivo con una certa regolarità e con impegno, molte delle mie occasioni di incontro e di convivialità si concretizzano in aperitivi, cene, pranzi. Quindi nei periodi senza alcol vado un po’ in crisi. Certo, posso sempre optare per un cocktail analcolico o una bibita, oppure tentare di dirottare gli incontri su attività diverse, come cinema, reading, musei, film casalinghi con ciotole di popcorn e Coca Cola. Ma quanto può durare?
Naturalmente per un breve periodo ce la posso fare, sapendo che si tratta di una situazione provvisoria. Ma sul lungo periodo, la vita da novella astemia andrebbe riscritta, nella forma e nella sostanza. E a ben pensarci, non sarebbe un male. L’idea che il vino condizioni in maniera così marcata la mia vita sociale mi inquieta un po’, la reputo una forma di dipendenza. E la passione non dovrebbe mai trasformarsi in dipendenza.
Forse la soluzione potrebbe essere quella di fare un passo indietro, allentare un po’ la morsa e concedersi un rapporto più rilassato con il vino (al netto di eventuali implicazioni lavorative, che sono una bella spina nel fianco), affinché la convivialità e la socialità, all’occorrenza e senza strappi, possano a svincolarsi dal bere. Fare in modo che il vino diventi un piacevole amplificatore, anziché il motore della socialità. Non è facile ma questo è il mio prossimo obiettivo.
[Foto cover: Domìni Veneti]