Volnay è un piccolo comune di circa 230 anime situato nella Côte d’Or (a sud di Beaune, Borgogna), tutto vigne e aziende vitivinicole come tanti altri di questo territorio. Un villaggio dove di norma non ci sarebbe nulla di così interessante se non fosse che, da qui a salire verso nord, il pinot noir inizia a raggiungere vette di eccellenza che pochi altri vini al mondo possono permettersi.
Salvo qualche bottiglia però, pochi sono stati i vini di Volnay a cui mi sono accostato nel corso degli anni. Una piccola mancanza a cui avevo deciso di rimediare iniziando da un trittico di etichette prese online ma senza un particolare criterio, sennonché i tre domaine scelti andavano dal rispettabile all’ineccepibile.
Vigne distanti e annate diverse, non mi aspettavo chissà quale legame se non una ventata del terroir di Volnay. Tuttavia, l’unico soffio percepito e che ha iniziato a ronzarmi in testa dopo l’ultima bottiglia è stato il fischio di Alessandro Alessandroni nel famoso film, western di Sergio Leone. Come ne Il Buono, il brutto, il cattivo, anche qui tre protagonisti e tre esiti finali diversi, per i quali però vado in ordine di stappo.
Domaine Perrin – Volnay Cuvée Perrin 2015 – €55
Cuvée ricavata da 5 parcelle tra cui i cru En Vaut e La Gigotte (Perrin Monopole), vigne con età media 60 anni, oltretutto in annata splendida. Tutto mi sarei aspettato però tranne che ritrovarmi un vino svanito. Un livello di degradazione totale che quando arriva ha il sapore spietato di una sentenza di secondo grado, e a cui non c’è rimedio se non la fuga nel lavandino. All’apertura, colore rosso scuro e abbastanza torbido, naso a metà strada tra il dado Knorr e il minestrone, bocca spoglia, né forme né tannino, senza alcun sussulto, se non per un’acidità aspra e solitaria: un liquido svilito nel buio più profondo. Attesa, scaffalature, riti voodoo, neanche un defibrillatore lo avrebbe rianimato. Un vero peccato. Iniziamo bene…
Il Cattivo
Christophe Vaudoisey – Volnay 1er Cru Clos de Chênes 2011 – €38
Difficilmente scelgo un vino in base al buon esito di un’annata, preferisco scommettere sul produttore e sulla sua interpretazione del millesimo, che spesso poi stupisce proprio quando non ha i favori del pronostico. Clos de Chênes è il Premier Cru più ampio ma anche uno tra i migliori di Volnay, purtroppo però in questo caso i rating negativi ci avevano azzeccato. Brutto come l’annata, con una primavera insolitamente calda che ha anticipato ampiamente la fase vegetativa; un’estate piovosa e con diverse grandinate ha contribuito alla rovina del raccolto a fine settembre.
Mi piacciono i vini snelli e di impostazione acida ma qui tra volatile e magrezza liquida si è andati ben oltre. Un rubino poco limpido, ferruginoso e con un po’ di ciliegia che sfuma sul verde, poco corpo, poco tannino e un fiume di acidità, un mix di acerbità e pungenza che non poteva non spegnermi l’entusiasmo. Ho pensato: lo bevo o non lo bevo? Chiedo l’aiuto da casa! Apro il frigo e trovo ciauscolo e Parmigiano Reggiano, che lo hanno addolcito, smorzato, insomma reso più simpatico, altrimenti sarebbe stata dura mandarlo giù.
Il Brutto
Domaine Marquis d’Angerville – Volnay 1er Cru Clos des Angles 2014 – €92
Non una vigna top però Marquis d’Angerville è forse il domaine che più di tutti rappresenta la classe di questo villaggio. Annata 2014 non troppo considerata ma che, specie con i Borgogna, delude raramente. Terzo Volnay a distanza di pochi giorni, il “non c’è due senza tre” incombeva e confesso che alla stappatura ero sinceramente preoccupato.
Spezie orientali, fiori freschi e una dolce ciliegia mi strappano subito un bel sorriso. Annuso, sorseggio e più il tempo scorre più il vino si distende. Non grida virtuosismi ma canticchia quanto basta per dimostrare la sua ottima intonazione. Un manto rubino dalla tessitura tanto liquida quanto lenta, elastica, che si dispiega su tutta la bocca, la bagna, la rinfresca, lasciando riemergere dal sorso un tannino talmente soffice e vaporoso che ne avverti la presenza ma non gli aculei. Lo riverso nel calice e sopraggiungono grafite e cenere, vampate saline, di succo di pesca e ferrose al tramonto.
Luci soffuse, silenzio e serenità mentre lo bevo in balcone nel buio di una serata ottobrina: cosa volere di più? Eccolo il Biondo di Volnay, è lui, finalmente.
Il Buono
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