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8 Novembre 2023

Il Vino di Hugh Johnson | Ecco perché ogni tanto è il caso di riprendere in mano La Bibbia

Intravino ha una redazione volante, tutta online. Viviamo il tempo fluido.
In una delle chiacchiere che nel mondo solido sarebbe stata fatta di persona davanti ad un caffè è uscito fuori l’argomento Hugh Johnson con la sua opera totem Il Vino – Storia, Tradizioni, Cultura e la classica frase: “Ma voi lo avete mai letto?”.

Siccome non tutti lo avevano letto ci è sembrata una buona idea scriverne due righe per capire di cosa si tratta. E che sia un libro uscito con la prima edizione nel 1989 è già tutto dire. La cosa intrigante e che ci fa inquadrare subito le cose è che, negli anni, sono usciti molti testi come questo, anche di illustrissimi autori, ma non ne esiste uno che abbia resistito al tempo come quello di Hugh Johnson, non a caso costantemente ristampato e con ormai vari milioni di copie vendute around the world.

Hugh Johnson è britannico. È un figlio emerito e perfetto della upper class anglo-sassone, come tale ha studiato a Cambridge, indossa il tweed, i suoi due hobby preferiti sono ovviamente il vino e il giardinaggio e scrive di entrambi sin da quando è al college. Nel vino è un personaggio supremo, con una sfilza di titoli conferiti da tutti i più esclusivi consessi e contesti esistenti. D’altronde, è storicamente suo anche un altro testo sacro come The World Atlas of Wine, che è arrivato alla ottava ristampa e ai 4 milioni (!!) di copie vendute, tradotte in 14 lingue nel mondo.

Ma tornando a bomba, perché vale ancora oggi la pena leggere un libro uscito nel 1989? Innanzitutto. perché è scritto da dio. Se vi piacciono gli incipit quello di questo testo fa paura per quanto è bello:

Agricoltore e artista, lavoratore e sognatore, edonista e masochista, alchimista e contabile: il viticoltore è tutto questo, e lo è fin dai tempi del diluvio.

Lo stile è colto ma non spocchioso, spiritoso in perfetto stile british e non pretende mai di insegnare nulla. L’autore è uno storyteller di dimensione enorme. Non è uno storico, come del resto nessuno di quelli che scrivono e parlano di storia del vino, e non pretende nemmeno di esserlo. Il suo libro lo chiama The Story of Wine infatti e non The History of Wine. Questa saga è una formidabile, appassionante, profonda e intellettuale opera di divulgazione sul vino.

Utilizzo ancora le sue parole per spiegarlo meglio:

Ai tempi in cui iniziavo a leggere e scrivere sul vino, vi era la consuetudine di associare sempre ai vini più famosi qualche piccolo fronzolo storico… in particolare gli studiosi dei classici amavano ricordare i grandi vini degli antichi ma senza spiegare mai perché l’idea di vino pregiato degli antichi non corrispondeva mai alla nostra… Ci voleva una enciclopedia per rispondere a tutte le domande più immediate che fanno i compratori di vino.

Un libro monumentale che parte da delle domande che si fanno i compratori e i fruitori di vino, decisamente una grande opera di empatia, rispetto e condivisione verso tutti i lettori e i bevitori. Il libro parte dalla notte dei tempi del vino e racconta in successione storica tantissimi fatti e altrettanti aneddoti che hanno fatto del vino una delle merci più straordinarie che l’uomo abbia mai prodotto e commerciato.

L’approccio in effetti è molto british e il commercio è al centro del discorso: questo libro ci racconta perché nei secoli le persone avessero voglia di spendere i propri soldi per comprare alcune tipologie di vino ben specifiche. L’autore ci spiega perfettamente, o almeno questa è la sua mission, perché quei vini e proprio in quel momento storico.

Per capire quanto noi italici siamo distanti da questa concezione così pragmatica e commerciale del vino, ma così tremendamente aperta al mondo, ci sono due cose che mi sembrano fondamentali. La prima è che, nella pagina Wikipedia italiana, Hugh Jonhson viene definito “enologo”, cosa non così infrequente per chi scrive di vino in Italia, mentre la pagina inglese ovviamente lo inquadra come wine writer. Noi quasi nemmeno riusciamo a percepire come un lavoro quello di scrivere e divulgare il vino. Se lavori e ti interessi di vino in Italia sei enologo, come un biologo, cardiologo o archeologo che si rispetti.

La seconda è che, in ben 43 capitoli sulla storia del vino nel mondo, solo 4 sono quelli dedicati in esclusiva all’Italia (praticamente lo stesso peso della Germania in termini numerici). La Francia ne ha quasi il triplo, per intendersi. E questo la dice lunghissima su quanto sia differente la percezione tra quel che vediamo noi e quanto poi invece davvero contiamo in un certo mondo del vino.

Altri elementi fondamentali sono la libertà e il tempo che l’editore inglese ha regalato all’autore per fare ricerche e scrivere questo monumento al vino: oltre 4 anni. Non credo che esista oggi nessun autore, almeno in Italia, che abbia una opportunità del genere per lavorare così in profondità su un testo.

Ma la cosa ancora più bella è che, se non vi va di leggere un libro di quasi 700 pagine, la BBC ne ha tratto una mini serie che trovate tutta su quel incredibile pozzo di bellezza che è YouTube. Buona lettura e/o buona visione.