In Italia abbiamo alcuni tra i migliori esempi di cooperative di qualità ma scoprirne una francese che oltre a dichiarare un approccio naturale in cantina consente ai soci di vinificare individualmente i propri vini mi ha incuriosito abbastanza, così ho voluto approfondire.
La cooperativa in questione si chiama Les Vignerons d’Estézargues e prende il nome dall’omonima cittadina situata nel dipartimento del Gard (Rodano sud), a due passi da Tavel e Avignone. Nata nel 1965, oggi vanta 12 soci per un totale di 555 ettari (535 di uve rosse e 20 bianche) distribuiti tra grenache noir e blanc, carignan, syrah, mourvedre, cinsault, clairette, viognier e tanti altri.
Più del 70% dei vigneti iscritti è allevato in regime biologico e molti dei restanti sono in conversione; in cantina, fermentazioni spontanee, nessuna aggiunta di additivi, enzimi o sostanze chimiche, quantità limitata di anidride solforosa solo all’imbottigliamento, nessuna chiarifica né filtrazione.
La produzione sfiora i 2 milioni di bottiglie annue, per una gamma di ben venti vini dai prezzi altamente competitivi. Tra questi, oltre a quelli realizzati dall’assemblaggio di più vigneti e uve, troviamo anche etichette ottenute dai singoli domaine. Il know-how più interessante di questa cooperativa infatti sta proprio nella condivisione della cantina, dove spazi e attrezzature sono messi a disposizione dei vignaioli soci che hanno la possibilità di vinificare separatamente le proprie uve, cercando di esprimere le diversità di ogni terroir e il proprio stile. Proprio da qui, tra l’altro, viene Eric Pfifferling, oggi produttore ben noto e apprezzato con la sua azienda (L’Anglore) ma un tempo socio della cooperativa, all’interno della quale vinificava le proprie uve.
Da sottolineare, inoltre, la gestione al femminile di Les Vignerons d’Estézargues, con Armelle Rouault in qualità di amministratore delegato oltreché enologo e Anna Tyack, responsabile dell’export (rispettivamente a sinistra e a destra in foto).
Assaggi
Un paio d’anni fa mi ero già imbattuto in un loro vino (Les Oliviers) ma senza approfondire la questione. Stavolta invece ne ho prese due bottiglie online: un bianco “base” da assemblaggio di più vigne e un rosso ricavato da un’unica parcella.
Côtes du Rhône Blanc Taparas 2022 (9 euro)
Assemblaggio di clairette, grenache blanc, roussanne e viognier da suoli argillo-sabbiosi ricchi di ciottoli. Vinificazione e maturazione interamente in acciaio.
Apertura tutta su erbe aromatiche come mentuccia e rosmarino, poi fruttato di susina e sfumature marittime. Sorso fresco e un po’ verdognolo, a cui non mancano corpo ma anche agilità, chiusura corta e agrumata. Semplice e un po’ acerbo ma tutto sommato carino.
Signargues Côtes du Rhône Villages La Granacha 2021 (12 euro)
Nelle annate precedenti veniva ricavato da sole vecchie viti di 80 anni di grenache, allevate ad alberello in un unica parcella su suoli di argille rosse e ciottoli calcarei in prossimità della città di Avignone. Recentemente, alcune di quelle viti sono state reimpiantate con altre varietà locali come mourvedre, carignan e counoise, entrate poi a far parte del vino con un saldo del 20%. Diraspamento completo delle uve e vinificazione interamente in acciaio, per poi maturare circa 10 mesi in vecchie botti di legno. Appena stappato apre su amarena e spunti balsamici, con una beva fluida, di media concentrazione e improntata sulla freschezza. Con l’ossigenazione aumenta l’ampiezza al naso tra pepe, liquirizia da masticare e sfumature di grafite, mentre il sorso si fa più succoso e bilanciato, con un tannino stretto e appuntito a mettere l’accento su un bel ciliegione. La gioventù lo priva di un po’ di imprevedibilità ma tra i due è decisamente quello più interessante.
In tempi in cui bere vino francese diventa sempre più oneroso, l’accessibilità di questi vini può essere una manna dal cielo per chi vuole farsi un’idea del Rodano sud senza svenarsi. Non parliamo certo di capolavori, ma come ebbi modo di scrivere sui vini delle AOC Rasteau e Brézème in un post di qualche tempo fa, chi ha detto che serve per forza bere mostri sacri per scoprire un territorio?
[Foto da europeancellars.com e pagesjaunes.fr]