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27 Settembre 2023

Perché Oscar Farinetti ha fatto schiumare gli enostrippati (e cosa voleva realmente dire sul Barolo)

Questa storia nasce da un video su Instagram.
Anzi in realtà nasce da un po’ più lontano. Nasce da una storia di grande successo. La storia di una ragazza coreana, americana e veronese che praticamente dal nulla è ormai diventata uno dei personaggi più influenti del vino oggi, anche grazie al suo efficientissimo utilizzo dei social.
Stevie Kim è uno tsunami della comunicazione del vino. Da qualche tempo gira delle clip in cui obbliga produttori di tutta Italia a “fare cose”. In particolare, chiede loro di raccontare in un minuto e in inglese i loro vini, un format che lei chiama 5 things about this wine. Se conoscete Stevie Kim sapete benissimo che è un carro armato ed è impossibile dirle di no. Ne escono video magnetici e quasi surreali, che spesso sembrano una cosa a metà tra giochi senza frontiere e Mai dire Banzai della Gialappa’s. Impossibile non guardarli.

Per tornare a noi, Oscar Farinetti è inciampato nel gioco. In un 5 things about this wine ha dovuto raccontare in un minuto e in inglese il Barolo del Comune di Serralunga d’Alba 2020 della sua azienda Fontanafredda. Apriti cielo, sollevazione popolare, titoloni roboanti (ad esempio Dissapore, Per Oscar Farinetti il Barolo è un vino dolce, che va con tutto e che si beve freddo, o Torino Cronaca: Farinetti shock: “Il Barolo va bevuto freddo”. E scoppia l’ironia social), signora mia che bestialità, lesa maestà del Barolo, dolce, freddo, brrr.

 

Al di là delle provocazioni sterili da click, penso di aver capito benissimo cosa volesse dire Oscar Farinetti e aggiungo anche che sono praticamente d’accordo su tutto. Va solo detto che stavolta non gli hanno giovato formato comunicativo, tempi stretti e soprattutto una lingua inglese che non mastica benissimo. Proviamo allora ad a interpretare quello che Farinetti ha detto e soprattutto quello probabilmente voleva dire. Perché forse bisogna solo tradurre meglio quelle parole che hanno fatto imbufalire taluni, con tanta ironia a corollario.

Caro Oscar, mi permetto di darti del tu.

A dire il vero eri partito bene. Hai collocato perfettamente il luogo di origine del tuo Barolo ma agli enocrociati non interessa nulla che Serralunga d’Alba sia il tuo paesello d’infanzia, sopratutto perché non ti riconoscono come produttore. Non sei il classico vigneron, non hai le unghie sporche di mosto e non hai almeno tre generazioni di produttori alle spalle. Qui tutti ti vedono principalmente come un mercante e in italia è dal Mercante di Venezia in poi che quelli svegli che fanno soldi con il commercio vengono visti come viscidi, ignoranti e soprattutto indegni della poesia della terra.  Anzi, aver fatto dire a un signor poeta come Tonino Guerra che l’ottimismo è il profumo della vita, con lo scopo di vendere televisori, non ha aiutato in tal senso. Per non far incazzare gli strippati devi attenerti al sacro credo masnaghettiano con mappe, comuni, dati tangibili e poca scena. Something like Barolo’s MGA, or Menzione Geografica Aggiuntiva, is the equivalent of the French ‘Cru’ or ‘Climat’ ad esempio e viene giù tutto lo stadio, fidati, pure parlando di un Barolo comunale.

Sul nome del varietale e sulla composizione del blend sei andato liscissimo, very bravo! Magari per fare meglio potevi aggiungere qualcosa come native oppure indigenous al nebbiolo. Mai usare autochthonous che ti fa fare la figura del boomer con l’inglese maccheronico. Non lo fare mai!

Io lo so che al 98% di chi compra quel vino non gliene frega una emerita cippa di quel numero di 4 cifre che sta scritto in etichetta, ma tu non lo puoi dire. Questa parte tagliamola dal prossimo video. Io l’ho capito che tu vuoi intendere che stai comunque comprando una buona bottiglia e che esce bene tutti gli anni, ma se produci vino non dirla mai questa cosa. L’annata è fondamentale, bere la 2020 o la 2019 o la 2018 non è indifferente. Occhio che in inglese l’annata si chiama vintage e non ha niente a che vedere con qualcosa di usato che torna di moda.

Hai detto che il Barolo è un vino easy e io ho capito benissimo cosa volessi dire. Guarda, lo dicono tutti che il vino non deve più essere considerato qualcosa di sacrale e quindi difficile. È un concetto ormai dominante nella critica enologica e si può bere un Barolo senza dover per forza celebrare qualcosa di importante. Io lo so che volevi dire questo. Ma se vuoi dirlo… non dire easy, e soprattutto se vuoi far passare il concetto che “facile è bello” non dire easy is sweet che poi tutti pensano che stai dicendo che il Barolo è dolce e magari facciamo casino. Lo dicono tutti che bisogna smettere di pensare al vino totemico. E allora magari copiamo dal movimento naturale, che quelli sono bravi bravi. Basta coi vini cerebrali, austeri e intellettuali. Ripeti con noi: We love acidity and drinkability.

Anche per quanto riguarda gli abbinamenti hai ragione. Basta con la storia che il Barolo sia un vino da meditazione o che vada bevuto solo ed esclusivamente accompagnato da una fricassea di pavone albino servita con riduzione di salsa di fegato di fenice. Bevetelo quando vi pare ‘sto Barolo. Ma attenzione Oscar che non è il barolo ad essere easy, mi raccomando, sono le persone che… have to take it easy.

Temperatura di servizio, altra grande verità che hai detto. Male ma l’hai detta. Si capiva benissimo la tua voglia di paragonare il Barolo ad un vino bianco. Tutti i dati commerciali confermano il successo dei bianchi sui rossi e tu ovviamente di commercio ne sai molto più di me. Ma quando si parla di comunicazione del vino è diverso. Please non paragonare il Barolo a un vino bianco ma soprattutto non ti conviene dire di servire il Barolo freddo come i vini bianchi che poi le folle di capiscioni insorgono. Per i vini rossi la critica ha sdoganato che non esiste più la temperatura ambiente (room temperature in inglese, occhio), ma bisogna servire i rossi freschi non freddi. Non devi usare la parola cold, devi dire che il barolo va servito chilly.

E poi, last but not least, tutta la critica enologica sa benissimo che i vini rossi stanno andando e devono andare sempre più verso una direttrice di leggerezza, piacevolezza, acidità e sapidità. Ma per i vini rossi devi parlare di vini in sottrazione che sono il futuro e fai la figura del wine guru se lo dici. Ma non puoi dire minus. Mai. Minus is negative. Poi attenzione che in inglese questa cosa non si dice. Quando una cosa è così complicata bisogna chiedere l’aiuto da casa. E anche io mi sono fatto aiutare da Nelson Pari, che mi suggeriva di utilizzare, se proprio dobbiamo farlo, lighter extraction. Quello che dobbiamo capire è che non si può tradurre tutto. Se un concetto non è riconosciuto da un popolo, meglio non utilizzarlo proprio.

Last advice. A Stevie Kim e al suo pubblico anglofono due, tre descrittori di aromas glieli devi dare. Due fruttini e due fiorellini e vai liscio. Fai come fanno tutti e copia da Wine Folly: “Piedmont’s most famous red wine is made with 100% Nebbiolo grapes. Its translucent brick-red color, deceptively light body, and floral aromas contrast its dense tannin structure. Primary flavors are raspberry, cherry, rose, tar and licorice.”

In conclusione, caro Oscar, non ringraziarmi per la consulenza gratuira ma tieni tutto a mente per la prossima volta, mi raccomando. Magari poi ci facciamo un drink togheter mentre guardiamo Lost in Translation di Sofia Coppola.

[Foto cover]