A scriverne in questa 2023, che registrerà in buona parte d’Italia un minimo produttivo da record, verrebbe quasi da non crederci, eppure la questione del presente e del futuro è una e semplice: si fa troppo vino. Ad affrontarla in questi giorni, in modo esemplare, è il paese dove il vino moderno è stato di fatto inventato: la Francia.
La questione non è nuova, di recente su queste pagine abbiamo trattato la vicenda – inquadrandola storicamente – degli espianti a Bordeaux che offrono un esempio utile a comprendere la crisi dell’intero settore. Ma chi ha visto la seconda stagione della serie Netflix Rotten avrà senza dubbio tenuto a mente l’episodio intitolato The reign of terroir, che racconta le tensioni tra i vignaioli nel sud della Francia.
Tensioni dovute alla concorrenza al ribasso del vino spagnolo che finisce col mettere fuori mercato gran parte della produzione vinicola locale. La serie è del 2019 e nell’episodio citato si parla diffusamente delle azioni del CRAV (Comité Régional d’Action Viticole), un gruppo militante di produttori di vino che ritengono di essere vittime di scorretti eccessi di offerta legati all’afflusso incontrollato di vino sul mercato francese.
Certo gli incrementi produttivi della Spagna (ma non solo) hanno fatto registrare picchi impressionanti negli ultimi anni, ma il dato con il quale è impossibile non fare i conti è quello della riduzione drastica dei consumi. Proprio in Francia, ad esempio, si è passati da un consumo di vino pro-capite di 136 litri a persona del 1926, ai 40 litri scarsi dei giorni nostri. [1]
La speranza che i nuovi mercati – la Cina su tutti – fossero lì ad attendere di dissetarsi coi nettari europei si è rivelata un’illusione fatale ai più e oggi si stanno facendo conti non facili con quel famoso pettine che è arrivato ai nodi. [2]
Questa la notizia in breve: il governo francese ha deciso di destinare 200 milioni di euro (con un fondo iniziale dell’Unione Europea di 160 milioni di euro, ndr) per acquistare le scorte di vino in eccesso: il vino prodotto in eccedenza verrà distrutto e trasformato in alcol utilizzabile in prodotti non alimentari, come disinfettanti per le mani, prodotti per la pulizia o profumi. [3]
Le sovvenzioni europee
Soffermiamoci un attimo sui 160 milioni stanziati, per adesso, dalla Commissione Europea e più in generale su come ciò sia stato possibile. La questione non è banale, dato che la riforma dell’OCM (Organizzazione Comune dei Mercati Agricoli, sigla che conoscono bene tutti quelli che hanno attinto ai ricchi fondi per l’export su paesi terzi) del 2013 aveva posto fine al sostegno per la distillazione di crisi [4]. E invece quanto posto in essere dalla Commissione è esattamente una misura in cui il ricorso alla distillazione si giustifica per ragioni di crisi, come si legge proprio sul sito della Commissione Europea.
La Commissione europea ha adottato misure eccezionali per affrontare gli attuali squilibri del mercato vinicolo di diverse regioni dell’UE. Nell’ambito dei programmi nazionali di sostegno al vino, gli Stati membri potranno ora includere la distillazione di crisi per eliminare l’eccesso di vino dal mercato. È stata inoltre concessa flessibilità nell’attuazione dei programmi di sostegno al vino, consentendo una maggiore flessibilità per la vendemmia verde quest’estate e aumentando il tasso di cofinanziamento dell’UE per le misure relative alla ristrutturazione, alla vendemmia verde, alla promozione e agli investimenti.
Quindi: la politica comunitaria vieta – non da ieri – la distillazione di crisi, ma proprio in ragione della crisi giustifica misure straordinarie per reintrodurre (e finanziare, per adesso, con 160 milioni di euro) la distillazione di crisi. Non male.
Chi segue Intravino sa bene che anche nel caso degli espianti di Bordeaux, l’Europa si era già mostrata piuttosto incline ad accogliere le ragioni francesi sul tema degli aiuti ai (propri) produttori.
Sebbene la normativa europea vieti di finanziare l’estirpazione delle viti quando le ragioni sono di natura economica, la legge consente di finanziare l’estirpazione quando le viti presentano problemi fitosanitari. Con i coltivatori che rischiano il fallimento, Bordeaux avrebbe potuto ritrovarsi con migliaia di ettari di vigneti abbandonati. “Siamo in una situazione in cui se le viti non vengono mantenute e trattate, ci saranno malattie che si diffonderanno alle viti vicine”, ha dichiarato Christophe Chateau, portavoce del CIVB. Oltre ai parassiti, malattie come la perniciosa flavescenza dorata e il virus delle foglie rosse prosperano nei vigneti trascurati. [5]
Cosa aspettarsi per il futuro
Foto di Gerald Thurner da Pixabay
Oltre 1 miliardo e 100 milioni di euro l’anno è quanto i 27 paesi membri spendono normalmente per sostenere il settore vinicolo ogni anno (l’Italia è la prima beneficiaria di questo denaro, ricevendo ogni anno 337 milioni di euro). I Paesi dell’UE produttori di vino possono attualmente offrire sostegno ai propri produttori per le seguenti misure:
promozione nei Paesi terzi
informazione dei consumatori sul consumo responsabile e sui sistemi di qualità dell’UE
ristrutturazione e riconversione dei vigneti, compreso il reimpianto per motivi sanitari o fitosanitari
vendemmia verde
fondi di mutualizzazione
assicurazione del raccolto
investimenti nelle imprese
innovazione finalizzata allo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie
distillazione dei sottoprodotti.
Eppure abbiamo visto che proprio su pressione francese l’Unione Europea ha già allargato le maglie di queste regole e molto probabilmente proprio la necessità di porre rimedio ad eccessi produttivi, sarà una delle chiavi degli indirizzi europei del futuro per quel che riguarda il settore vino. Questa ipotesi sembra trovare conferma proprio dalle parole che hanno accompagnato l’ufficializzazione delle misure per la distillazione.
La Commissione ha inoltre concesso una maggiore flessibilità nell’attuazione e nel finanziamento dei programmi di sostegno al vino per l’esercizio finanziario 2023. Ciò consentirà agli Stati membri di adattare meglio le loro misure alla situazione del mercato vitivinicolo nell’anno in corso e di utilizzare meglio la vendemmia verde per prevenire o ridurre le potenziali eccedenze di vino per l’anno successivo. Nelle circostanze attuali, i beneficiari dei programmi di sostegno al settore vitivinicolo sono autorizzati ad adattare le operazioni previste e, in casi debitamente giustificati, ad attuare solo parzialmente i progetti originari. Il tasso di cofinanziamento dell’UE per le misure relative alla ristrutturazione, alla vendemmia verde, alla promozione e agli investimenti sarà aumentato dal 50% al 60%.
Ribadisco, può sembrare strano sentir parlare di eccedenze produttive proprio in questo 2023 funestato da peronospora, oidio e grandinate, ma si tratta di una realtà con la quale, se non quest’anno, il settore deve fare i conti in modo strutturale. E non mi riferisco solo alla politica europea e nazionale, ma anche alle aziende. Si tratta di una sfida enorme per la quale non esistono ricette univoche o salvifiche, ma di sicuro il mondo del vino per come lo abbiamo conosciuto è destinato a cambiare profondamente nei prossimi anni. In particolare sotto la pressione dei cambiamenti climatici e della riduzione dei consumi.
[Foto cover: Christoph Schütz da Pixabay]
[1] Washington Post
[2] Si dice che Sciascia usasse aggiungere al celebre proverbio “i nodi vengono al pettine” una saggia postilla “se c’è il pettine”. Oggi il pettine dell’eccesso di produzione sembra essere arrivato.
[3] Openonline
[4] Europa.eu
[5] Intravino