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19 Luglio 2023

Tre missili

Emozionante non è una parola che solitamente associo al campo semantico del vino però stavolta ci siamo andati vicino. Mi emoziono per un film, un bacio, una impresa sportiva, l’abbraccio del ciclista Pogacar al rivale Vingegaard che ha appena vinto una cronometro sontuosa al Tour de France, ma per il vino onestamente no. Ce ne sono di eccezionali, buonissimi, deflagranti, ma emozionanti? Non so.

Cena tra amici calendarizzata da mesi per incastrare le esigenze di tutti con chat dedicata dal titolo esplicativo “17/07 No puttanate no esperimenti no vini che puzzano sì bombe a mano sì solide realtà sì conclamate certezze”. Non sempre va tutto per il verso giusto, la line-up era incredibile ma è tutto filato liscio e, tra le tante, porto a casa tre belle suggestioni. Forse seconde solo ad uno dei plateau di scampi e gamberi crudi più sontuosi che la storia dell’occidente cristiano ricordi nell’ultimo quarto di secolo.

Dal mazzo abbiamo pescato tre begli assi, che come da premesse sono missili lussuosi e lussureggianti per bevietichette della domenica che ogni tanto vogliono togliersi qualche sfizio. Ho fatto tesoro di tanti commenti incrociati al tavolo e questa è la sintesi.


Salon 2012

Paglierino, molto delicato al naso, crema pasticcera senza vaniglia da “non sembra neanche un dolce”, pasta sfoglia, melina gialla dosatissima, boulangerie sottile, colpisce questo naso mai devastante, mai esplosivo. La parola d’ordine è equalizzazione: trasmette l’idea di un vino in cui a stupire è una capacità incredibile di dosare tutti i volumi. C’è tutto ma nulla prevale. Il sorso non è abrasivo ma cremoso, leggiadro e dalla carbonica puntiforme, ritmata. Champagne di grandissima classe, ormai praticamente incomprabile (il prezzo al pubblico gira sui 1.150 euro). Ha soddisfatto alla grande tutti nonostante l’aspettativa alle stelle, sempre un rischio (98).
Per “sfizio” didattico ci abbiamo messo accanto un altro Champagne 100% chardonnay, Le Vigne d’Antan 2004 di Tarlant. Che ha fatto un figurone con tutt’altra presenza scenica, più ricco e intenso, tonico a dismisura e con tutti i volumi un po’ più alti. 17 anni sui lieviti in scioltezza, boccia eccellente e assai diversa (96). Sui 250/300 euro in enoteca.


Bourgogne 2010, Coche-Dury

Attesissimo come si conviene ad una tavolata in cui solo 2 su 6 avevano già bevuto un bianco di Coche-Dury, il-mito-la-leggenda. Questo è il vino d’ingresso e una ottima sintesi per inquadrarlo, a partire da un colore perfettamente integro, e a conti fatti si dimostrerà “il Salon dei Bourgogne”. Cremino limonino tostatino anche qui con un registro di controllo delle dosi che fa strabuzzare un po’ gli occhi e conquista. Non complesso o infinito ma rifinito con una grazia acida e felpata insieme che wow. Nonostante le quotazioni prossime ai 500 euro, è stato trovato online alla metà del prezzo e preso correndo il rischio. Missione compiuta, un grande Bourgogne che spicca al cospetto di un Puligny-Montrachet Premier Cru 2015 Clos de la Truffière di Benoit Ente arrivato poco dopo e che questo virtuosismo non ce lo ha. 93


Chablis Grand Cru Les Preuses 1991, Dauvissat

Bottiglia presa online da una enoteca in Olanda e arrivata la mattina stessa. Etichetta e livello perfetti, tappo integro con muffa quanto basta. Ha tutti gli occhi addosso, non sente alcuna pressione e (ci) ricorda perché i vini di Chablis possano essere così glacialmente entusiasmanti. Dorato leggero, zafferano poi fieno poi camomilla, naso limpido di freschezza disarmante, poi agrumi canditi, succo di albicocca e litchi, tanto litchi. Vino che è un vero elogio dell’invecchiamento, sul primo o secondo gradino del podio come bottiglia della serata in un parterre molto affollato. Grandissima soddisfazione e bellissima esperienza di bevuta. 98+